Oggi nasce Acqua viva, il blog di Genova Sinfonietta.
Perché questo titolo? È un omaggio all’omonimo libro di Clarice Lispector, grande autrice brasiliana del Novecento.
Con “Água viva” (che in portoghese significa anche “medusa”), Lispector ha dato vita nel 1973 ad un capolavoro fin da subito acclamato dalla critica.
Un testo breve, per molti aspetti misterioso, ibrido, che fonde la libera introspezione di un flusso di coscienza agli slanci di un dialogo amoroso verso un misterioso destinatario, l’intimità di un diario privatissimo e la lucidità di una dissertazione artistica. Come una medusa che si muove in profondità o in superficie, che affascina e inquieta, che può rilucere nell’oscurità, attrarre ed ustionare.
“Non si comprende la musica: la si sente. Sentimi dunque con il tuo corpo intero. […]
A causa dello stesso segreto che ora mi fa scrivere come se fosse a te, scrivo rotondo, intricato e tiepido, ma a volte gelido come gli istanti freschi, acqua di torrente che trema sempre. Ciò che ho dipinto su questa tela è suscettibile di essere messo in una frase di parole? Tanto quanto può essere implicita la parola muta nel suono della musica.”
(Acqua viva, Adelphi, pp. 10-11).
Parola scritta, suono, immagine: le tre dimensioni che, richiamandosi continuamente a vicenda, alimentano ogni forma d’arte.
Così è, in generale, la voce di Clarice Lispector: enigmatica come un fuoco fatuo, carnale e metafisica allo stesso tempo, visceralmente femminile (nel senso più archetipico del termine) e poi di una sensualità vorace e mistica.
La sua scrittura – animata da visioni di un’intensità sconvolgente – trascende la prosa e la poesia, si alimenta di natura, musica, pittura, teatro, architettura, distillando una saggezza meditativa e tormentata, leggera e profondamente umana.
Uno spirito poliedrico che nutre anche gli intenti di Genova Sinfonietta e di questo nuovo spazio virtuale.
Oggi, 21 marzo, è spesso equinozio di primavera e, dal 1999, anche Giornata mondiale della poesia.
Clarice Lispector ci insegna qualcosa su entrambe.
Nel libro è indimenticabile la sua rassegna floreale in cui, per ogni specie citata, dipinge un ritratto vivido e toccante (pp. 56-60), così come la sua continua attenzione alla morte quale soglia ineludibile di una rinascita: non è più un unicum ma una costante esistenziale necessaria, che ciclicamente si ripresenta.
Come un cavallo selvatico, la sua scrittura si scrolla di dosso ogni definizione e corre libera, mostrandoci come la poesia non sia tanto una struttura formale e stilistica, quanto un luogo dell’anima da abitare: una dimensione di tenerezza bruciante, talvolta cruda e forse anche crudele, una materia primigenia che si insinua tra le righe dell’esistenza.
“Scrivere è il modo di chi si serve della parola come esca: la parola pesca quel che non è parola. Quando la non-parola – quello che è fra le righe – abbocca, qualcosa è stato scritto. Una volta pescato quello che è fra le righe, ci si potrebbe sbarazzare con sollievo della parola.”
(Acqua viva, pp. 21-22).
E ancora:
“Dalle parole di questo canto, canto che è mio e tuo, emana un alone che trascende le frasi, lo cogli? La mia esperienza proviene dal fatto che sono già riuscita a dipingere l’alone delle cose. L’alone è più importante delle cose e delle parole. L’alone è vertiginoso. Conficco la parola nel vuoto disabitato: è una parola come un sottile blocco monolitico che proietta ombra.” (pp. 47-48).
Non è forse ciò che sempre fa la musica, nel silenzio e col silenzio?
La poesia come inclinazione della vita:
"Solo ora ho colto l'obliquo della vita. Prima vedevo soltanto attraverso tagli retti e paralleli. Non percepivo il subdolo tratto storto. Adesso capisco che la vita è un'altra. Che vivere non è soltanto svolgersi di sentimenti grossi... è qualcosa di più magico e più gracile, ma non per ciò privo del fine vigore animale. [...]
La vita obliqua è molto intima. Non dico altro su questa intimità per non ferire con parole asciutte il pensare-sentire. Per lasciare questo obliquo nella sua indipendenza disinvolta." (pp. 68-69)
Vi auguriamo una giornata di fiori, profumi, versi poetici e soprattutto… di leggere
Acqua viva di Clarice Lispector!
“Farò un adagio. Leggi piano e in pace. È un vasto affresco.” (p. 42).
Martina Romano
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